
Il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti ha portato il suo saluto istituzionale prima della tavola rotonda sulle "Reti d'impresa nel diritto del lavoro" che ha dato il via alle due giornate del III Convegno Nazionale dei Commercialisti del Lavoro, aperto oggi a Roma. Al centro dei lavori gli aspetti relativi alle reti di impresa, al ruolo del commercialista quale garante di legalità nei rapporti tra imprese e amministrazioni pubbliche e l'attività di promozione da lui svolta in merito alle politiche attive, che il Governo considera come un pilastro del Jobs Act.
"Stiamo ricostruendo il sistema delle politiche attive – ha dichiarato Poletti – perché vogliamo una Pubblica Amministrazione che aiuti le persone a transitare da un lavoro ad un altro. Questo risultato non può essere frutto solo dei Centri per l'Impiego, ma occorre lavorare insieme per produrre buoni risultati".
Il Ministro ha riconosciuto la necessità di una semplificazione normativa e ha parlato della riforma del lavoro come esempio di provvedimento in questo senso: "Il lavoro di stesura di una legge non è la cosa più importante se poi fatica a produrre i suoi effetti. Ha bisogno di un'infrastruttura. Questo non può farlo solo la Pubblica Amministrazione. È importante il confronto e il dialogo prima degli interventi normativi. Perché una legge sia scritta bene ci vogliono sia i tecnici che le esperienze concrete di chi sta sul campo. Poi -ha aggiunto Poletti- c'è bisogno di un impegno reciproco nella direzione della legalità. Nessuna impresa diventa un'impresa di successo se tende a cercare piccoli escamotage perché i vincoli sono tanti e pesanti come quelli burocratici".
Il Presidente del Consiglio dei Dottori Commercialisti, Gerardo Longobardi, ha dato il benvenuto al Ministro dichiarando che "dove c'è azienda c'è un lavoratore dipendente, dove c'è un lavoratore dipendente c'è un commercialista del lavoro. L'ordine tiene ad avere un rapporto di collaborazione con le Istituzioni. Ci costituiremo parte civile contro i colleghi che infangano il lavoro di 118.000 commercialisti, perché se un professionista sbaglia deve pagare".
