Donne e uomini hanno diritto, a parità di lavoro, alle stesse retribuzioni. Per questa ragione, i sistemi di classificazione professionale ai fini della determinazione delle retribuzioni debbono adottare criteri comuni per uomini e donne ed essere elaborati in modo da eliminare le discriminazioni.
Qualora ti venga corrisposta una retribuzione meno favorevole rispetto a quella riconosciuta dal tuo datore di lavoro ad un lavoratore dell’altro sesso in situazione analoga, sei vittima di una discriminazione diretta che puoi far valere con le modalità illustrate nel precedente paragrafo (cfr. voce “Mezzi di ricorso disponibili”).
Se agisci in giudizio per accertare una discriminazione retributiva, potrai provarla anche attraverso la produzione di dati statistici concernenti le retribuzioni.
Per garantire il rispetto del principio della parità di genere sul lavoro, le aziende pubbliche e private che occupano oltre cento dipendenti sono tenute a redigere un rapporto, almeno ogni due anni, sulla situazione del personale maschile e femminile in relazione, tra l’altro, allo stato delle retribuzioni effettivamente corrisposte.
Qualora le aziende non trasmettano il rapporto, nei termini prescritti, i servizi ispettivi del lavoro locali, su segnalazione della consigliera o del consigliere di parità o delle rappresentanze sindacali aziendali, invitano le aziende a provvedere entro sessanta giorni, applicando loro, in caso di inottemperanza, sanzioni pecuniarie e, nei casi più gravi, la sospensione dei benefici contributivi eventualmente goduti dall’azienda stessa.
Riferimenti normativi
Articoli 15 e 16 della legge n. 300/1970
Articoli 28, 36, 40 e 46 del decreto legislativo n. 198/2006
